lunedì 28 marzo 2016

Bisagno, il nuovo piano di bacino apre la strada al cemento

 Nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 2014 l’esondazione del Bisagno invade la zona della stazione Brignole a Genova (foto Balostro)

Nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 2014 l’esondazione del Bisagno invade la zona della stazione Brignole a Genova

Prima c’era un muro. Adesso, seppur piccola, una breccia per il cemento si è aperta. A ridosso dei torrenti e in particolare del Bisagno, quello di gran lunga più minaccioso, in molte aree dove prima non si poteva costruire neanche uno spillo, grazie soprattutto alle leggi approvate negli anni dalla Regione, ora la possibilità non è più esclusa. Con vari accorgimenti, entro certi limiti, certo, ma le zone non sono più “rosse” e il blocco non è più assoluto. Questo, in estrema sintesi, raccontano le modifiche ai Piani di bacino che la Regione, concluso l’iter (nei prossimi giorni saranno valutare le osservazioni, che dovevano essere inviate entro giovedì scorso), approverà nelle prossime settimane.
Nel complesso, si tratta del più grande pacchetto di modifiche introdotte ai Piani varati per la prima volta in modo organico nel 2001 dall’allora Provincia. Da allora d’acqua ne è passata sotto ai ponti ed è soprattutto il verificarsi di due eventi disastrosi, nel 2011 e nel 2014, ad aver messo in moto la revisione. Due alluvioni equivalgono infatti a una marea di dati per alimentare i computer che, sulla base di eventi storici e delle caratteristiche del territorio (ponti, strozzature ecc.), possono collocare ciascuna zona a ridosso dei torrenti in una fascia di rischio. E a ciascuna fascia corrispondono dei limiti dal punto di vista di cosa (e come) si può costruire.

Vecchie e nuove alluvioni
La convenzione dei Piani di bacino vuole che la pericolosità dei corsi d’acqua per un luogo sia determinata legandola alla probabile frequenza dell’eventuale piena e in particolare al fatto che questa possa verificarsi ogni cinquanta, duecento o cinquecento anni. A valle di questa classificazione il territorio finisce in cosiddette fasce di inondabilità. Dalla “rossa”, la più a rischio - e Genova ne è zeppa - fino alla verde, la più rassicurante. Per plasmare la nuova mappa Città metropolitana e Regione si sono avvalse di un colosso, la Dhi, che in Italia ha sede a Torino. Il risultato di questi studi, durati due anni e passati più volte al vaglio del Comitato tecnico di bacino, la massima autorità pubblica in tema di idraulica, ha permesso di ridisegnare diverse mappe. Affinando gli studi compiuti, fino a oggi, su uno storico di sette alluvioni dal 1945 in poi, con le peggiore registrate nel 1953, 1970 e 2011. E calcolando per ciascuna area sia il massimo tirante idraulico, vale a dire l’altezza che può toccare l’acqua in caso di esondazione, sia la velocità raggiungibile dalla stessa.
Il Bisagno ai raggi x
Sebbene gli studi riguardino quasi l’intera Liguria, è sui 25 chilometri dell’asta principale del Bisagno che si concentrano le modifiche più importanti. Lo studio ha anzitutto permesso di superare le fasce cosiddette di salvaguardia, vale a dire aree inondate durante le ultime alluvioni, dove vigeva un blocco prudenziale e totale delle costruzioni, ma su cui non c’era stato uno studio che potesse spiegarne le cause (le fasce Ae B ). Per questo motivo non c’è corrispondenza tra il significato dei colori nel vecchio Piano e di quello in fase di approvazione. Il dato che promette di scatenare molta fibrillazione è soprattutto uno: molte aree sono state declassate. In altre parole, molte porzioni di città che erano in fascia A - dove, dal punto di vista edilizio, non si può fare nulla - sono finite in categorie inferiori. I passaggi più numerosi e significativi sono dalla A alla B (per dettagli si vedano la tabella a centro pagina e l’articolo a fianco), suddivisa a sua volta in BB e B0 a seconda della pericolosità relativa, con la prima che è più alta della seconda. Il risultato della revisione apre, dunque, la strada al declassamento parziale del rischio per lex officina Guglielmetti, allentamento dei vincoli per l’ex mercato di corso Sardegna e per le aree di Terralba, via libera al Blueprint di Renzo Piano alla Fiera.
Le novità più significative, per ora, riguardano le aree dell’ex Guglielmetti e di Terralba che, per effetto della variante e del declassamento del rischio, vedono in parte allentati - su superfici consistenti - i vincoli imposti per le costruzioni in fasce esondabili. Difficile dire adesso che interventi potranno essere autorizzati ma, visto che non c’è più il blocco totale a nuove costruzioni, nell’area dell’ex Guglielmetti è possibile che Talea (braccio operativo di Coop in campo immobiliare) abbia il via libera per realizzare una versione modificata e ridimensionata del progetto che prevedeva lì un albergo e una grande struttura di vendita. Nell’autunno scorso la Regione aveva imposto al Comune di cancellare nel nuovo Piano urbanistico la previsione di una grande struttura di vendita, proprio perché quella era un’area ad alto rischio dal punto di vista dell’inondabilità. Dopo l’approvazione del Puc Talea ha impugnato davanti al Tar questo “diktat” (il ricorso al Tribunale amministrativo è ancora pendente) ma adesso bisognerà vedere quali scenari si apriranno con l’entrata in vigore della variante al Piano di bacino.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento