lunedì 28 marzo 2016

Ristoranti chiusi, cena di Pasqua, una chimera per i visitatori. Il lato oscuro del mugugno non eccelle nel buon esempio

 turisti coda acquario

I ristoranti tradizionali aperti la sera tra Porto Antico e centro storico erano appena una manciata mentre i turisti un vero esercito. Molti dei locali hanno aperto solo a mezzogiorno. L’offerta nei giorni di festa è rappresentata soprattutto da bar che la sera chiudono e non consentono di consumare la cena o da artigiani alimentari dove non si può mangiare seduti al tavolo
Chiuse tutte le Sciamadda. Turisti dopo il tramonto alla disperata ricerca di un piatto di troffie. L’offerta di servizi di ristorazione ancora non va nonostante il boom della città ed è attualmente il vero punto debole della destinazione-Genova insieme ai parcheggi


 L’offerta di ristorazione tradizionale per i turisti che visitano Genova ancora non funziona come dovrebbe in una città, la nostra, che ha consolidato la propria vocazione turistica, che soprattutto nei ponti primaverili vede l’arrivo di migliaia di persone dall’Italia e dall’estero e che, nonostante, questo ieri sera ha visto frotte di turisti alla (inutile) ricerca di un posto a sedere in un ristorante nell’area più turistica. Il tutto nella città dove è attualmente aperta la mostra, quella dedicata agli Impressionisti, più visitata d’Italia e dove alle biglietterie di mostre, musei e Aquario c’è costantemente la coda.
Delle oltre 200 attività segnalate nella lista della Camera di Commercio, solo 96 si trovano realmente in area turistica tra Porto Antico e centro storico, quella dove i turisti ci sono veramente, perché è impensabile che chi arriva da Milano, dalla Sicilia, dalla Francia o dalla Germania scelga un ristorante che si trova a diversi chilometro da Expo, Ducale e Acquario, prenda l’auto (magari noleggiandola, perché è arrivato in aereo) o un taxi per percorrere una lunga distanza e spostarsi, ad esempio, a Pontedecimo, in Valbisagno, a Levante o a Ponente. Certamente, i locali aperti lontani dall’epicentro del turismo, dove si concentrano i visitatori, sono serviti ieri a mezzogiorno a soddisfare la domanda dei genovesi che li hanno affollati, tanto che era ovunque difficile trovare un tavolo libero per il pranzo pasquale, ma dire che sono a servizio del turismo sarebbe un’affermazione davvero azzardata.
In realtà, i ristoranti veri e propri segnalati nella zona turistica sono solo una ventina, davvero non molti, mentre gli altri sono artigiani alimentari dove non si può consumare seduti al tavolo, bar con tavola fredda, bar dove al massimo si può mangiare un panino o un toast o addirittura gelaterie, che non si possono propriamente annoverare tra i punti di ristorazione dove pranzare o cenare in maniera tradizionale. Molti dei bar chiudono alle 2o o, al massimo, alle 21. Insomma, fanno numero, ma non sono certo da includere nel novero dei ristoranti a disposizione delle migliaia di italiani e stranieri che in questi giorni gravitano sulla città. Se a mezzogiorno i turisti si accontentano di un hamburger in piedi o di un pezzo di focaccia mangiato camminando tra un museo e le vasche dell’Acquario, la sera vogliono stare seduti a mangiare comodi, come avviene in tutte le città turistiche del mondo. Di lavoro ce n’è per tutti: per quelli che vendono un euro di focaccia e per il ristorante chic. Basta aprire.
coda focacceria turisti
(Coda di turisti al panificio di Canneto il Curto per acquistare la focaccia)
Ieri, ancora una volta, nelle aree più turistiche della città i visitatori hanno trovato ben poco, esattamente come era successo nelle feste di Capodanno. Segno che l’esperienza non ha insegnato granché.
Basta moltiplicare il numero dei ristoranti veramente disponibili (in serata quelli aperti nella zona erano meno di una ventina perché finito il pranzo pasquale molti hanno chiuso per non riaprire fino all’indomani) per il numero dei posti per capire l’inadeguatezza dell’offerta messa a disposizione. Si può calcolare un’ottantina di posti per ogni locale, perché le attività del centro storico sono molto piccole. Il risultato della moltiplicazione è, abbondando, di 1.600 “seggiole” contro una “domanda” generata da migliaia di turisti che non si può pensare ragionevolmente di soddisfare con ristoranti lontani dall’epicentro anche se, probabilmente, è questo il sogno dei ristoratori che hanno la propria attività in zone periferiche rispetto alle aree turistiche. Però non funziona così, non funziona così in tutto il mondo e certo Genova non può pretendere di rappresentare un’eccezione. Da che mondo è mondo, è l’offerta che deve spostarsi dove c’è la domanda, non il contrario.
La gran parte delle attività di ristorazione vera e propria realmente aperte ieri sera e segnalate dalla lista redatta dalla Cciaa in collaborazione con le associazioni di categoria, inoltre, si concentrava nel Porto Antico. Questo ha fatto sì che la città oltre i cancelli dell’Expo dopo le 20 fosse un deserto dove i turisti vagolavano alla ricerca di un piatto caldo per poi accontentarsi nella maggior parte dei casi di un aperitivo con due stuzzichini o si spostavano proprio al Porto Antico. Consumare un pranzo tradizionale genovese “con le gambe sotto al tavolo” fuori dai cancelli risultava davvero difficile.
In tutta questa situazione, che riporta alla ribalta la forte necessità di adeguare veramente l’offerta alla nuova vocazione turistica della città (una circostanza tanto invocata e che finalmente è diventata realtà) c’è da segnalare la situazione delle “sciamadda“, i negozi di torte e farinate che compaiono come un fiore all’occhiello della città in ogni rivista turistica e che invece nelle giornate di festa risultano per la maggior parte inderogabilmente e pervicacemente chiuse.
C’è ancora molto da fare per garantire vera accoglienza, quella che una città turistica deve offrire per ritenersi veramente tale. Mugugnare di meno e offrire di più adeguandosi alle leggi del mercato potrebbe essere la strada giusta. anche perché ormai ogni disservizio viene ribaltato sui social network dedicati alle destinazioni di viaggio e amplificato dalla rete. Il forte sforzo che tutti i soggetti coinvolti fanno per promuovere la destinazione, può essere vanificato da un’inadeguata offerta lamentata su internet e può far perdere molti visitatori alla città.
Per carità, a darsi alla ormai anacronistica arte del mugugno è stato il consueto, minuscolo gruppetto dei soliti noti, gli stessi che hanno dato il via, qualche anno fa, a un’incomprensibile e interminabile serie di lamentazioni perché “Il Gran Ristoro” (lo stracelebre punto vendita di panini di Sottoripa i cui conti viaggiano tra i 2,5 e i 5 euro) nella classifica dei giudizi dei frequentatori del sito era sopra a ristoranti da 30/40 euro a persona. Non capire che i turisti a mezzogiorno mangiano in fretta spendendo il meno possibile per concedersi una cena con tutti i crismi è un po’ come non comprendere, dopo anni in cui ad ogni ponte festivo segue la segnalazione dei troppi ristoranti chiusi la sera dei giorni festivi, che forse è il caso di attrezzarsi per rimanere aperti e fare fronte alla richiesta che viene dalle stesse migliaia di persone che di giorno si mettono in fila a Palazzo Ducale e all’Acquario. Eh, sì, tutta quella gente deve mangiare anche di sera.
In questi anni, per fortuna, tutti sono cambiati e hanno abbandonato le rispettive battaglie di retroguardia e le rendite di posizione, vestigia desuete di un periodo in cui il turismo era prettamente business, danaroso e poco invasivo: il Comune ha cominciato a collaborare coi privati e insieme alla Camera di Commercio ha dato vita a una grande campagna di promozione finanziata con la tassa di soggiorno che sono stati gli stessi albergatori, a Genova, ad invocare. I titolari degli hotel, poi, hanno abbassato il prezzo delle camere, contribuendo in maniera determinante insieme alla valorizzazione della bellezza della città, ad aumentare arrivi e presenze turistiche. Sempre gli albergatori si prestano vendere i biglietti multipli dell’Amt e a distribuire le cartoline sconto per le mostre degli Impressionisti e di Salgado oltre a vendere i biglietti per Acquario e Body Worlds. Tutto questo per rendere un servizio sempre al top per i turisti, che vanno conquistati uno a uno e strappati alle altre destinazioni.
I negozi dell’area turistica, non soloquelli di souvenir, sono aperti anche la domenica. La polizia municipale e le forze dell’ordine si fanno in quattro nonostante la scarsità di personale per tenere almeno il Porto Antico sgombro da posteggiatori e venditori abusivi. Un mare di nuovi piccoli imprenditori ha avviato con sacrificio molte attività di artigianato alimentare e bar.
Qualcosa, prima o poi, dovranno metterci anche i ristoratori tradizionali, in termini di prezzi e in termini di aperture. Affidare i propri mugugni a una testata (peraltro dichiaratamente contraria all’amministrazione comunale) non basta più per risplendere come fulgide stelle nel panorama del turismo cittadino. Tocca ormai davvero di metterci del proprio, esattamente come i loro colleghi che domenica sera hanno fatto uno sforzo per tenere aperto, si sono trovati il ristorante pieno e hanno dovuto mandare via potenziali clienti perché non c’era più posto. I turisti alla disperata ricerca di un piatto di trofie la sera di Pasqua sono la cartina di Tornasole del lato oscuro dell’ospitalità, quello del mugugno, del maniman e della polemica facile. Ha fatto il suo corso e sfigura tra tutta la gente che rema faticosamente per portare a casa il risultato.

di  Monica Di Carlo

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