lunedì 25 aprile 2016

Marinella, ecco lo sfacelo dello storico hotel-ristorante



Il piano inferiore «è meglio non visitarlo», perché è mezzo allagato, oltre che avvolto dalle tenebre, ma salendo al piano di sopra, lasciandosi alle spalle il semicerchio della sala principale, non si trova alcun conforto.  Ci sono i finestroni a picco sul mare e c’è luce, tanta luce, ma serve solo a illuminare meglio lo sfacelo. Sedici stanze dotate di una vista unica, soffocate da odori nauseabondi, costellate da sanitari a pezzi, materassi e reti gettate qui e là e qualche topo che non ha più trovato una via d’uscita. È questo l’oggi della Marinella , la storica struttura alberghiera e ristorativa, il gioiello incastonato sulla passeggiata di Nervi, edificio da anni abbandonato che, ormai, cade a pezzi oltre ad essere diventato ricovero di extracomunitari, sbandati, tossicodipendenti e clochard che, divelti i mezzi di dissuasione installati, vi stanno abusivi. E, se il suo triste destino è ormai noto ai più, come è visibile a tutti la faccia tutta scritte e degrado, fa ancora più male vederne gli interni. Perché qui, nel cuore della nave adagiata sul mare - così l’aveva pensata Giacomo Carlo Nicoli - uno dei pochi esemplari d’arte razionalista in città, il contrasto tra ciò che è stato, dagli anni Trenta in poi, e ciò che è adesso, emerge in tutta la sua brutalità. Così, aumentano solo gli imbarazzi, perché sui 540 metri quadri di locali che Palazzo Tursi ha l’onere di amministrare, il Comune stesso  non può incidere più di tanto, perché a dettare legge è e non può essere altro che il proprietario, l’Agenzia del demanio. Un rudere aperto sull’oblio, perché le burocrazie faticano a uscire dall’abbraccio che azzoppa i sogni di rinascita. Il problema è finanziario: non solo il milione (a spanne) che servirebbe per ristrutturare. A pesare, a dispetto della posizione e del potenziale della struttura, sono anche i tempi: vent’anni, di più l’affidamento non può durare per legge, ma questo significa pure meno tempo per ammortizzare l’investimento. Senza contare i canoni: 60 mila euro l’anno, che il Demanio, nonostante la richiesta di riduzione presentata dal Comune per rendere l’operazione più appetibile, ha rifiutato di rivedere. Francamente, se fossi nei panni del Sindaco di Genova, a meno che non si arrivi alla stipula d’una valida concessione, farei ristrutturare l'immobile venga a spese della Civica Amministrazione con l'utilizzo di sponsorizzazioni di aziende genovesiper utilizzarlo come stazione balneare con annesso bar e ristorante, allo stesso modo di tutti gli stabilimenti comunali che esistono sul litorale della nostra città.

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