Doveva essere un'estrosa, anche elegante, passerella architettonica di collegamento tra due parti della città, "Bruco" di Brignole. Doveva essere, perché, fin dall'inizio, in quel primo scorcio di Anni Novanta, non ebbe vita facile. Il più ottimista sulla sua utilità e del destino di questa struttura futurista
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Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/Genova-Today/113510678752010 , restò per sempre il suo ideatore, l'architetto Piero Gambacciani, l'uomo della nuova Corte Lambruschini che, nel "Bruco", avrebbe dovuto avere un ideale completamento. Il sovrappasso a prova di vento, comunque, ha davvero una storia lunga e travagliata, come la sua vita. Il "Bruco" si brucia in poco tempo la sua funzione di sovrappasso, sopravvive tra mille incertezze e abbandoni. Tutto incomincia dal fallimento di una società, la Aram, che avrebbe dovuto occuparsene, prosegue con il Comune che non lo prende in carico, e si complica con un iter burocratico complesso, intricato. Eppure è un'opera costata due miliardi di lire. Nelle idee di chi l'ha progettato, il "Bruco", con i suoi 60 metri di lunghezza, avrebbe dovuto servire al passaggio quotidiano di 18.000 persone al giorno, dalle 7 del mattino alle 2 di notte, questi gli orari di apertura e chiusura nei giorni feriali, ma avrebbe dovuto essere garantita un'apertura anche la domenica e nei festivi. Il tunnel avrebbe dovuto collegare corso Buenos Aires al binario 1 della stazione Brignole. Attraverso un’elegante galleria di negozi, questo sinuoso cordone ombelicale in ferro, cemento e vetrine avrebbe anche dovuto prevedere un secondo ramo proveniente dal cuore dei giardini di piazza Verdi. Da qui, tramite un sistema di ascensori, un’altra galleria di negozi, questa volta sotterranei, avrebbe condotto fino all’arco di piazza della Vittoria. Erano state previste tre scale mobili, otto scale fisse e altrettanti ascensori, per raggiungere il bruco dalla Corte e dalle due parti di città", verso corso Buenos Aires e verso via Venti Settembre, che quel sovrappasso andava ad unire.Si immaginava una Genova che, anche grazie a quel "Bruco", avrebbe nuovo sviluppo. Non sarà così. La vita del sovrappasso incomincia e procede a sbalzi, finchè viene abbandonato a se stesso, si trasforma in un rifugio per tossicodipendenti o senza tetto. Poi viene chiuso del tutto, con tanto di luchetti alle scale mobili d'accesso. Sembra che sia destinato com’è ad essere abbattuto nell’ambito dei lavori di rifacimento della copertura del Bisagno. Cosa accadrà davvero lo constateremo. Mantenendo intatta tutta la perplessità, considerando i tempi biblici che accompagnano ogni intervento in questa città. E, non soltanto. Perché, oggi, visto che il "Bruco", come abbiamo visto, è solo un riparo per senzatetto o tossicodipendenti, le scale mobili sono chiuse e di negozi (presenti, come si è detto, nel progetto originale) non se n'è mai vista l'ombra, l'idea dell'abbattimento è considerata la sola, realistica, decisione. Perché, come affermano ormai unanimemente i politici della nostra città, è è inutile, non soltanto adesso che è chiuso, era inutile anche prima, praticamente mai utilizzato, anche perché la gente aveva paura ad attraversarlo. Ed, anche, perché, i costi di ristrutturazione, e poi di mantenimento in efficienza, sarebbero troppo alti. Questo è lo stato delle cose qui a Genova e, in senso più ampio in Italia. Però, pensiamo soltanto un momento se fossimo in qualunque capitale dell'Europa Occidentale. Poniamo, Stoccolma o Londra o Madrid o Berlino. Lì, il "Bruco" sarebbe non solo perfettamente funzionante, ma oggetto di turismo e di “selfie”. Infatti, almeno teoricamente, è una struttura stupenda, che avrebbe una sua dignitosissima utilità ed è solo la pochezza dei nostri amministratori che ha consentito il disastro che è sotto gli occhi di tutti. Quegli stessi amministratori che sono dotati di "auto blu" e che caldeggiano l'abbattimento del "Bruco" definito “assolutamente inutile” perché sulla strada esiste un più gettonato attraversamento pedonale. Del resto, chi è dotato di auto blu non ha mai dovuto affrontare con la tramontana l’attraversamento avventuroso del lungo tratto costellato di semafori fra via XX Settembre e corso Buenos Aires. E, i nostri amministratori non sanno che l’attraversamento in quel punto può rivelarsi insidioso, che i semafori sono troppo brevi. Ma, purtroppo, siamo in un'Italia in cui la politica è quello che è in cui le risorse non vengono investite in progetti concreti. Comunque, anche dopo l'abbattimento del "Bruco", resterà il problema legato alle frequentazioni nei giardini adiacenti, da tempo dormitorio per senzatetto e tossicodipendenti. I quali ogni giorno si ubriacano e lasciano la loro sporcizia sui prati. Sarebbe' ora che tutta la zona fosse rivalorizzata.
, restò per sempre il suo ideatore, l'architetto Piero
Gambacciani, l'uomo della nuova Corte Lambruschini che, nel "Bruco",
avrebbe dovuto avere un ideale completamento. Il sovrappasso a prova di vento,
comunque, ha davvero una storia lunga e travagliata, come la sua vita.
Il "Bruco" si brucia in poco tempo la sua funzione di sovrappasso,
sopravvive tra mille incertezze e abbandoni. Tutto incomincia dal fallimento di una
società, la Aram, che avrebbe dovuto occuparsene, prosegue con il Comune
che non lo prende in carico, e si complica con un iter burocratico
complesso, intricato. Eppure è un'opera costata due miliardi di
lire. Nelle idee di chi l'ha progettato, il "Bruco", con i suoi 60 metri
di lunghezza, avrebbe dovuto servire al passaggio quotidiano di 18.000
persone al giorno, dalle 7 del mattino alle 2 di notte, questi gli orari
di apertura e chiusura nei giorni feriali, ma avrebbe dovuto essere garantita un'apertura
anche la domenica e nei festivi. Il tunnel avrebbe dovuto collegare corso Buenos Aires al binario 1 della stazione Brignole.
Attraverso un’elegante galleria di negozi, questo sinuoso cordone
ombelicale in ferro, cemento e vetrine avrebbe anche dovuto prevedere un
secondo ramo proveniente dal cuore dei giardini di piazza Verdi. Da
qui, tramite un sistema di ascensori, un’altra galleria di negozi,
questa volta sotterranei, avrebbe condotto fino all’arco di piazza della
Vittoria. Erano state previste tre scale mobili, otto
scale fisse e altrettanti ascensori, per raggiungere il bruco dalla
Corte e dalle due parti di città", verso corso Buenos Aires e verso via Venti Settembre, che quel sovrappasso andava ad unire.Si immaginava una Genova che, anche grazie a quel
"Bruco", avrebbe nuovo sviluppo. Non sarà così. La vita del sovrappasso
incomincia e procede a sbalzi, finchè viene abbandonato a se stesso, si
trasforma in un rifugio per tossicodipendenti o senza tetto. Poi viene
chiuso del tutto, con tanto di luchetti alle scale mobili d'accesso.
Sembra che sia destinato com’è ad essere abbattuto nell’ambito dei lavori di rifacimento della copertura del Bisagno.
Cosa accadrà davvero lo
constateremo. Mantenendo intatta tutta la perplessità,
considerando i tempi biblici che accompagnano ogni intervento in questa
città. E, non soltanto. Perché, oggi, visto che il "Bruco", come abbiamo visto, 
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