Da posizioni dominanti, alcuni dei forti storici di Genova lasciano spaziare il loro immoto sguardo da Portofino fino all’isola di Bergeggi, per poi scendere tra campanili e torri, percorrendo il centro storico e perdersi sul molo, dove la Lanterna, simbolo della città, si fonde in un tutt’uno col mare.
Gemme incastonate nella natura, quasi tutti sono stati edificati su preesistenti strutture militari (ridotte) che nel 1747 sono state approntate al fine di contenere l’assedio austro-piemontese: semplici costruzioni in pietra, secondo le regole dei muri a secco, o specie di gabbie per sostenere terrapieni, non hanno subito ulteriori modificazioni, per mancanza di fondi, ad eccezione del forte Diamante, l’unico ultimato grazie alla generosità della famiglia Durazzo.
Tali sono rimasti, infatti, per tutto il periodo napoleonico finché, tra il 1815 e il 1830, il Regno del Piemonte ha deciso di fornire Genova di una barriera difensiva-offensiva munitissima, vera testa di ponte tra l’Italia sabauda nord-occidentale e la Sardegna. Una nuova tecnica che intrecciava il dinamismo romantico alla robustezza dell’arte romanica ha portato alla costruzioni di imponenti baluardi, con bocche da fuoco scanalate, che hanno visto il loro unico impiego nell’insurrezione del 1849 o come batterie antiaeree nell’ultimo conflitto mondiale.
Il forte “Diamante”, sito a 667 metri di altezza lo si può raggiungere, partendo da Righi con una passeggiata di circa un ora e mezza o, in macchina, lungo la via che da Begato costeggia lo Sperone. In posizione strategica, sia per scendere verso la Val Polcevera che la Val Bisagno, è stato teatro di eroiche resistenze come quella del comandante francese Bertrand o di cannoneggiamenti verso i paesini sottostanti di Torrazza, Trensasco, Campi, Casanova, o di occupazioni come quella dei mazziniani nel 1849. Sorte poco felice è toccata al “Fratello Maggiore”, completamente demolito durante l’ultimo conflitto, mentre il “Fratello Minore”, ubicato sul monte Spino, resiste eroicamente, seppur in pessime condizioni. Il “Puin” è il più vicino alle mura e vi si arriva a piedi con un cammino di circa venti minuti, da un varco a monte del Castellaccio. Circondato da un fossato con tanto di ponte levatoio, oggi scomparso, ed insignito di una targa, anch’essa svanita, in memoria del ferimento del celebre poeta Ugo Foscolo (ben due volte), si dice debba il suo nome ad un fantomatico “puin” (padrino), abitante in una baracca sottostante.
Il forte “Sperone”, in cima al monte Peralto, deve il suo nome alla caratteristica forma del bastione settentrionale: dalla piccola “bastia”, datata 1319, con continui rimaneggiamenti, nel 1830, si è giunti alla struttura attuale in cui spiccano caratteristiche torri cilindriche. Ceduto nel 1958 alla Guardia di Finanza è, dal 1991, utilizzato per rappresentazioni teatrali (luci sui Forti) e si può visitarlo da marzo a novembre con tour organizzati dal Comune.
Il “Castellaccio” è il primo forte che si incontra salendo da Manin: un vecchio cancello in ferro sbarra la strada agli estranei. Di qui salendo per una vecchia strada lastricata si arriva su un pianoro occupato da altissime torri per telecomunicazioni. Dell’antica struttura rimane una vecchia caserma bipiano, in passato, in uso alla Poste e alla Marina Militare, poi, sede del “Club Castellaccio anni ’30”. Dall’alto, il terreno degrada verso la Torre della Specola, edificio in mattoni rossi, edificato nel primo ottocento, sorto in quel triste luogo dove, dal 1509, si eseguivano le condanne a morte. In buono stato di conservazione viene utilizzato dall’Istituto Idrografico della Marina come deposito materiale e come archivio.
Il forte di “Begato” si trova sulla carrozzabile delle Mura Nuove, salendo da Sampierdarena: su progetto del Barabino, è una struttura a pianta quadrata, rinforzata, ai lati, da bastioni a tronco di piramide, uniti da spalti su cui potevano trovare posto 26 bocche da fuoco. Dal 1990 il Comune ne ha avviato il recupero per offrire ai cittadini, ampi spazi aperti per attività polivalenti.
Altre imponenti presenze, occhieggiano da molti punti della città, talvolta integrati nello stesso tessuto urbano, ma di questi.. ne parliamo un’altra volta.
Adriana Morando
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