Una stazione nuova di zecca, a Trensasco, un ponte appena inaugurato a Fontanassa. La linea del trenino di Casella, chiuso da anni, si sta finalmente risistemando, con l’obiettivo di una riattivazione della linea? Ripercorriamo la storia passata e facciamo chiarezza sulle prospettive future di questo gioiello genovese. Si tratta di 24 km di linea ferroviaria a scartamento ridotto, inaugurata il primo settembre 1929 per collegare le valli Polcevera, Bisagno e Scrivia con il centro città. Nel 1915, c'erano stati i primi progetti e i lavori affidati alla Società Ferrovie Elettriche Liguri, costituita ad hoc. Poi, lo stop con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, e la ripresa nel ’21, con la posa della prima pietra. Dall’anno successivo, la società Ernesto Breda si aggiudicò l’appalto per la costruzione della linea aerea, del materiale rotabile e della sottostazione elettrica. La gestione è stata privata fino al 1949, con diverse società che si alternarono nel corso degli anni. In seguito, si passò alla formula statale della “Gestione Commissariale Governativa” e la Ferrovia venne amministrata direttamente dal Ministero dei Trasporti, mediante Commissario Governativo. Così è stato per molti anni, fino a quando, dal primo gennaio 2002, impianto e treni, dallo Stato sono diventati beni della Regione Liguria: si venne a costituire la società Ferrovia Genova Casella s.r.l., a responsabilità limitata con socio unico Regione Liguria, in cui un Amministratore Unico e un Direttore di Esercizio si occupavano di gestire il complesso. Dopo 8 anni di gestione regionale, il 16 aprile 2010 il controllo sulla Ferrovia passa ad AMT, vincitrice della gara pubblica bandita dalla Regione stessa per l’affidamento del servizio a nove anni (in carica fino al 2019 ma con contratto prorogabile al 2025), a causa di difficoltà gestionali e di esose spese per il mantenimento dell’impianto. Fin dalla sua nascita, il trenino aveva il compito di collegare le zone dell’entroterra con la città di Genova: a lungo questa è stata l’unica possibilità di collegamento, quando ancora le strade statali e provinciali non c’erano, e quando chi voleva “scendere a valle” poteva farlo solo a piedi, in inverno con la neve, o sotto al sole cocente. È la storia di un’altra Genova, quella della guerra e del dopoguerra. L’importanza della ferrovia si è sedimentata nel tempo e si è protratta fino ad oggi, continuando a collegare le valli Scrivia, Bisagno e Polcevera al centro città. Per questo, quando nel 2012 si sono inaspriti i disagi ed AMT toglieva le corse, minacciando di non riuscire a ripristinarle, è scoppiata la protesta dei pendolari, è nato un comitato “Uniti per Sant’Olcese” e una pagina Facebook “Salviamo il Trenino di Casella” che ha raccolto già a pochi giorni dalla fondazione un numero di millecinquecento - duemila firme. Però, nonostante ciò, dall’11 novembre 2013 il trenino di Casella è fermo. Il transito dei treni è stato sospeso in toto e sostituito con un servizio di autobus che transita sulle strade provinciali 2 e 43, affidato alla ditta privata Genovarent, che si occupa di noleggio di auto, furgoni, pullman, minibus e servizi di noleggio con autista e noleggio a lungo termine, per il trasporto urbano ed extra-urbano. Per il servizio sostitutivo sono impiegati complessivamente 3 autobus con una capacità di 30 passeggeri ciascuno: ciò è dovuto alle problematiche di viabilità esistenti su alcuni tratti stradali del territorio interessato. Il numero delle corse garantite con il servizio sostitutivo è perfettamente coincidente con il numero delle corse prima esercite con il treno. Il costo orario del servizio è di circa 40 euro (le corse quotidiane nel periodo estivo sono 10, mentre in quello invernale 11, e coprono una fascia temporale che va dalla 6.30-7 del mattino alle 18-20 di sera, per un totale di 12-14 ore complessive). Sembrava la “cronaca di una morte annunciata”, visto che lo stop non era stato repentino, bensì il frutto di una graduale dismissione degli impianti, iniziata tra 2009 e 2010, con il passaggio della gestione dalla Regione (già allora in difficoltà a causa, soprattutto, degli sprechi delle giunte guidate dal Centrosinistra) ad AMT. Poi, dalla fine del 2013, l’USTIF (l’Ufficio Speciale Impianti e Trasporti Fissi, emanazione del Ministero delle Infrastrutture) aveva prescritto l’obbligo di messa in sicurezza di due ponti metallici (in cui sono presenti due buchi e che, pur percorribili dai pedoni, potrebbero cedere sotto il peso del trenino). Inoltre, anche se questi erano i lavori principali, ce n'erano altri da svolgere, come la pulizia dei binari dal deposito di materiale roccioso e la messa in sicurezza delle pareti dei monti circostanti. Era stata bandita una gara da Amt, gestore, e coordinata da SUAC (Stazione Unica Appaltante Comune di Genova), che si era conclusa con l’aggiudicazione dell’appalto a giugno 2013 da parte di due ditte. I lavori si sarebbero dovuti concludere entro 4 mesi, ma si sono interrotti a causa della rinuncia all’appalto da parte delle società vincitrici: si diceva che il bando fosse troppo al ribasso e i fondi messi a disposizione da AMT sarebbero stati insufficienti. Si parla di una cifra che, stando a quanto riportano fonti ufficiose, si aggirerebbe attorno ai 380 mila euro (per la precisione, 376.960,34 stanziati dalla Regione), e si stima che i costi per gli interventi sarebbero superiori, tra i 500 e i 600 mila euro. La rinuncia aveva costretto al rifacimento della gara e, in attesa di un secondo bando, il trenino rimase fermo in stazione. I lavori (piuttosto complessi) erano in attesa di cominciare. Si parlava anche di un piano investimenti 2013-2016 per 16 milioni di euro finanziati dalla Liguria, per il miglioramento della rete e del materiale rotabile. La questione, dicevano, è che gli introiti non bastano a coprire i costi: i pendolari ogni anno sono circa 110 mila, quindi 200-300 al giorno ma non bastano, visto che i ricavi del 2013 erano stati circa 190 mila euro, a fronte di 2 milioni e 800 mila euro di costi. Se sommiamo, dicevano anche da AMT, ai 190 mila i fondi della Regione, si arriva all’incirca ad un pareggio di bilancio. Insomma , anche a proposito del trenino di Casella c'era il classico ritornello dei tagli alla spesa pubblica. Per cui, sembrava imminente un rischio di chiusura. Ma, probabilmente più che d'una spesa pubblica non più sostenibile si tratta di eccessivi sprechi, su altri fronti, delle giunte regionali del Centrosinistra. Perché, oggi, la Giunta regionale del Centro - Destra (nella quale l'assessore ai trasporti è Giovanni Berrino, di Fratelli d'Italia), guidata da Giovanni Toti ha annunciato, come ho scritto all'inizio del post, il rilancio dal punto di vista turistico della linea, che senz’altro, se verrà attuato tramite l’agenzia turistica regionale. Per cui, ancora pochi mesi e poi la riapertura della Ferrovia Genova Casella sarà una realtà. Per quanto riguarda i lavori di consolidamento dei versanti rocciosi lato Genova/Valbisagno sono stati terminati da poco, mentre i lavori di revisione delle linea aerea sono a buon punto e la linea è tornata percorribile con la trazione elettrica sull'intero percorso sino a Casella sin dal 14 gennaio. Perciò, tutto quanto il Centrosinistra gabellava come "insormontabile" (dai costi per la manutenzione e l'abbellimento della ferrovia, agli interventi sul degrado delle stazioni, alla revisione del treno storico datato 1924) così impossibile invece non è. In realtà, il trenino di Casella, in una Genova, che ha scelto la vocazione turistica, va valorizzato. E. valorizzare una ferrovia turistica come quella appunto di Casella non vuole dire "spendere" ma, investire. Il che è assai differente. Perché per ogni euro investito, se ne generano altri. Ad essere inutili sono quelle spese, quegli sprechi a cui le Giunte regionali del Centrosinistra si sono abbandonate e dei quali parlerò in alcuni prossimi post. Insomma, alla luce di quanto fin qui detto potrebbe non essere così utopistico guardare alla linea ferroviaria Genova - Casella come a una reale fonte di ricchezza.
sabato 16 aprile 2016
Trenino Genova-Casella, eppur si muove?
Una stazione nuova di zecca, a Trensasco, un ponte appena inaugurato a Fontanassa. La linea del trenino di Casella, chiuso da anni, si sta finalmente risistemando, con l’obiettivo di una riattivazione della linea? Ripercorriamo la storia passata e facciamo chiarezza sulle prospettive future di questo gioiello genovese. Si tratta di 24 km di linea ferroviaria a scartamento ridotto, inaugurata il primo settembre 1929 per collegare le valli Polcevera, Bisagno e Scrivia con il centro città. Nel 1915, c'erano stati i primi progetti e i lavori affidati alla Società Ferrovie Elettriche Liguri, costituita ad hoc. Poi, lo stop con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, e la ripresa nel ’21, con la posa della prima pietra. Dall’anno successivo, la società Ernesto Breda si aggiudicò l’appalto per la costruzione della linea aerea, del materiale rotabile e della sottostazione elettrica. La gestione è stata privata fino al 1949, con diverse società che si alternarono nel corso degli anni. In seguito, si passò alla formula statale della “Gestione Commissariale Governativa” e la Ferrovia venne amministrata direttamente dal Ministero dei Trasporti, mediante Commissario Governativo. Così è stato per molti anni, fino a quando, dal primo gennaio 2002, impianto e treni, dallo Stato sono diventati beni della Regione Liguria: si venne a costituire la società Ferrovia Genova Casella s.r.l., a responsabilità limitata con socio unico Regione Liguria, in cui un Amministratore Unico e un Direttore di Esercizio si occupavano di gestire il complesso. Dopo 8 anni di gestione regionale, il 16 aprile 2010 il controllo sulla Ferrovia passa ad AMT, vincitrice della gara pubblica bandita dalla Regione stessa per l’affidamento del servizio a nove anni (in carica fino al 2019 ma con contratto prorogabile al 2025), a causa di difficoltà gestionali e di esose spese per il mantenimento dell’impianto. Fin dalla sua nascita, il trenino aveva il compito di collegare le zone dell’entroterra con la città di Genova: a lungo questa è stata l’unica possibilità di collegamento, quando ancora le strade statali e provinciali non c’erano, e quando chi voleva “scendere a valle” poteva farlo solo a piedi, in inverno con la neve, o sotto al sole cocente. È la storia di un’altra Genova, quella della guerra e del dopoguerra. L’importanza della ferrovia si è sedimentata nel tempo e si è protratta fino ad oggi, continuando a collegare le valli Scrivia, Bisagno e Polcevera al centro città. Per questo, quando nel 2012 si sono inaspriti i disagi ed AMT toglieva le corse, minacciando di non riuscire a ripristinarle, è scoppiata la protesta dei pendolari, è nato un comitato “Uniti per Sant’Olcese” e una pagina Facebook “Salviamo il Trenino di Casella” che ha raccolto già a pochi giorni dalla fondazione un numero di millecinquecento - duemila firme. Però, nonostante ciò, dall’11 novembre 2013 il trenino di Casella è fermo. Il transito dei treni è stato sospeso in toto e sostituito con un servizio di autobus che transita sulle strade provinciali 2 e 43, affidato alla ditta privata Genovarent, che si occupa di noleggio di auto, furgoni, pullman, minibus e servizi di noleggio con autista e noleggio a lungo termine, per il trasporto urbano ed extra-urbano. Per il servizio sostitutivo sono impiegati complessivamente 3 autobus con una capacità di 30 passeggeri ciascuno: ciò è dovuto alle problematiche di viabilità esistenti su alcuni tratti stradali del territorio interessato. Il numero delle corse garantite con il servizio sostitutivo è perfettamente coincidente con il numero delle corse prima esercite con il treno. Il costo orario del servizio è di circa 40 euro (le corse quotidiane nel periodo estivo sono 10, mentre in quello invernale 11, e coprono una fascia temporale che va dalla 6.30-7 del mattino alle 18-20 di sera, per un totale di 12-14 ore complessive). Sembrava la “cronaca di una morte annunciata”, visto che lo stop non era stato repentino, bensì il frutto di una graduale dismissione degli impianti, iniziata tra 2009 e 2010, con il passaggio della gestione dalla Regione (già allora in difficoltà a causa, soprattutto, degli sprechi delle giunte guidate dal Centrosinistra) ad AMT. Poi, dalla fine del 2013, l’USTIF (l’Ufficio Speciale Impianti e Trasporti Fissi, emanazione del Ministero delle Infrastrutture) aveva prescritto l’obbligo di messa in sicurezza di due ponti metallici (in cui sono presenti due buchi e che, pur percorribili dai pedoni, potrebbero cedere sotto il peso del trenino). Inoltre, anche se questi erano i lavori principali, ce n'erano altri da svolgere, come la pulizia dei binari dal deposito di materiale roccioso e la messa in sicurezza delle pareti dei monti circostanti. Era stata bandita una gara da Amt, gestore, e coordinata da SUAC (Stazione Unica Appaltante Comune di Genova), che si era conclusa con l’aggiudicazione dell’appalto a giugno 2013 da parte di due ditte. I lavori si sarebbero dovuti concludere entro 4 mesi, ma si sono interrotti a causa della rinuncia all’appalto da parte delle società vincitrici: si diceva che il bando fosse troppo al ribasso e i fondi messi a disposizione da AMT sarebbero stati insufficienti. Si parla di una cifra che, stando a quanto riportano fonti ufficiose, si aggirerebbe attorno ai 380 mila euro (per la precisione, 376.960,34 stanziati dalla Regione), e si stima che i costi per gli interventi sarebbero superiori, tra i 500 e i 600 mila euro. La rinuncia aveva costretto al rifacimento della gara e, in attesa di un secondo bando, il trenino rimase fermo in stazione. I lavori (piuttosto complessi) erano in attesa di cominciare. Si parlava anche di un piano investimenti 2013-2016 per 16 milioni di euro finanziati dalla Liguria, per il miglioramento della rete e del materiale rotabile. La questione, dicevano, è che gli introiti non bastano a coprire i costi: i pendolari ogni anno sono circa 110 mila, quindi 200-300 al giorno ma non bastano, visto che i ricavi del 2013 erano stati circa 190 mila euro, a fronte di 2 milioni e 800 mila euro di costi. Se sommiamo, dicevano anche da AMT, ai 190 mila i fondi della Regione, si arriva all’incirca ad un pareggio di bilancio. Insomma , anche a proposito del trenino di Casella c'era il classico ritornello dei tagli alla spesa pubblica. Per cui, sembrava imminente un rischio di chiusura. Ma, probabilmente più che d'una spesa pubblica non più sostenibile si tratta di eccessivi sprechi, su altri fronti, delle giunte regionali del Centrosinistra. Perché, oggi, la Giunta regionale del Centro - Destra (nella quale l'assessore ai trasporti è Giovanni Berrino, di Fratelli d'Italia), guidata da Giovanni Toti ha annunciato, come ho scritto all'inizio del post, il rilancio dal punto di vista turistico della linea, che senz’altro, se verrà attuato tramite l’agenzia turistica regionale. Per cui, ancora pochi mesi e poi la riapertura della Ferrovia Genova Casella sarà una realtà. Per quanto riguarda i lavori di consolidamento dei versanti rocciosi lato Genova/Valbisagno sono stati terminati da poco, mentre i lavori di revisione delle linea aerea sono a buon punto e la linea è tornata percorribile con la trazione elettrica sull'intero percorso sino a Casella sin dal 14 gennaio. Perciò, tutto quanto il Centrosinistra gabellava come "insormontabile" (dai costi per la manutenzione e l'abbellimento della ferrovia, agli interventi sul degrado delle stazioni, alla revisione del treno storico datato 1924) così impossibile invece non è. In realtà, il trenino di Casella, in una Genova, che ha scelto la vocazione turistica, va valorizzato. E. valorizzare una ferrovia turistica come quella appunto di Casella non vuole dire "spendere" ma, investire. Il che è assai differente. Perché per ogni euro investito, se ne generano altri. Ad essere inutili sono quelle spese, quegli sprechi a cui le Giunte regionali del Centrosinistra si sono abbandonate e dei quali parlerò in alcuni prossimi post. Insomma, alla luce di quanto fin qui detto potrebbe non essere così utopistico guardare alla linea ferroviaria Genova - Casella come a una reale fonte di ricchezza.
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